Tetti al sole di Raffaello Sernesi

Tetti al sole di Raffaello Sernesi è un piccolo dipinto che esemplifica in modo rigoroso il linguaggio dei pittori Macchiaioli.

Raffaello Sernesi, Tetti al sole, 1861, olio su cartoncino, 12,3 x 19 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna

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Indice

Descrizione di Tetti al sole di Raffaello Sernesi

La piccola veduta dipinta da Raffaello Sernesi ritrae alcuni edifici addossati e illuminati dalla calda luce del sole. Alcuni palazzi presentano dettagli architettonici come la facciata a sinistra con piccole finestre rettangolari. Sopra i tetti a doppia falda si notano i comignoli invece gli edifici bassi sono coperti da tetti piani. Nel cielo azzurro passa una nuvola chiara che lambisce i tetti. Infine, la luce intensa del sole, che si intuisce a destra, illumina le abitazioni e crea forti ombre sulle facciate.

Interpretazioni e simbologia di Tetti al sole di Raffaello Sernesi

Le vedute di piccoli borghi furono un soggetto molto presente nella pittura dei Macchiaioli. Questo soggetto, osservato dal vero, si prestava infatti ad indagare il comportamento della luce e ad elaborare un linguaggio pittorico essenziale. Infatti, come avviene nel dipinto di Sernesi, le abitazioni assumono forme semplici che permettono di applicare la sintesi formale e cromatica della pittura macchiaiola più rigorosa.

L’essenzialità della veduta di Sernesi è da mettere in relazione con il carattere idealista del giovane pittore. Secondo lo storico dell’arte Carlo Del Bravo (1997), Raffaello Sernesi, spinto dalle sue convinzioni misticheggianti, si avvicinò alla filosofia neoplatonica di Augusto Conti che partecipava alle serate del Caffè Michelangiolo.

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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione

Tetti al sole di Raffaello Sernesi è custodito a Roma, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna ospitata presso il Palazzo delle Belle Arti. La Galleria acquistò il dipinto dallo storico dell’arte italiano Emilio Cecchi. In precedenza, l’opera fu proprietà dei collezionisti di Firenze Mario Galli e Gaetano Biasutti.

L’artista e la società. La storia dell’opera Tetti al sole di Raffaello Sernesi

Il dipinto non è datato ma la maggior parte degli storici lo collocano temporaneamente nel 1861 quando Sernesi aveva circa 23 anni. Raffaello Sernesi nacque infatti il 25 dicembre 1838 a Firenze e morì il 9 agosto 1866 a Bolzano. Raffaello Sernesi si avvicinò fin da ragazzo alla pittura di macchia nata sul finire degli anni Cinquanta dell’Ottocento. Il pittore, infatti, era il più giovane del gruppo e condusse la sua sperimentazione a partire dalle opere di Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, Cristiano Banti e Vincenzo Cabianca. I primi lavori sono definiti “materialisti“, molto vicini alla pittura di Telemaco Signorini. Si tratta di opere dalla pennellata corposa e dai forti stacchi cromatici.

Intorno ai primi anni Sessanta dell’Ottocento, il giovane pittore avviò una sperimentazione che parte dal dipinto intitolato Ladruncoli di fichi, molto vicino allo stile di Telemaco Signorini. Un altro dipinto segnalato dagli storici come esempio di ricerca formale di questo periodo è Cupolino alle Cascine. Negli anni successivi, Sernesi abbandonò il rigore formale e cromatico delle prime esperienze e dipinse paesaggi più dettagliati e ariosi. Tenne però sempre presente il linguaggio di partenza applicando una certa sintesi dell’immagine.

L’opinione della critica

Lo storico dell’arte Emilio Cecchi che possedeva Tetti al sole di Raffaello Sernesi pubblicò per la prima volta nel 1927 l’opera per farla conoscere al pubblico dell’arte. Da quel momento i critici la indicarono come l’esempio più riuscito della sperimentazione dei Macchiaioli. Tetti al sole, insieme a Interno di un chiostro di Abbati, venuto però in seguito, diventò così il paradigma della sintesi formale e pittorica elaborata dal gruppo di giovani pittori del caffè Michelangelo di Firenze.

I critici sono quindi concordi nel cosiderare questo dipinto come l’esempio più radicale della pittura macchiaiola grazie alla presenza di ampie campiture bidimensionali che da sole costruiscono per incastro l’insieme delle architetture. Tetti al sole è quindi il punto di arrivo della ricerca formale e luministica condotta dagli inventori della macchia. È considerato, inoltre, il punto di partenza della futura ricerca pittorica dei Macchiaioli toscani a partire proprio da Interno di un chiostro di Abbati che risale al 1862.

Il critico Emilio Cecchi, e altri esperti concondi con la sua interpretazione, indicarono tra le fonti della sintesi di Sernesi anche la tradizione figurativa toscana. Secondo il loro parere, l’essenzialità formale e cromatica del dipinto non deriva solo dall’utilizzo rigoroso della macchia ma anche dallo studio attento dei primitivi toscani come Lippi, Botticelli, Masaccio, in particolare del Beato Angelico. Secondo Mazzocca, nella veduta di Sernesi si ritrova lo stesso rigore geometrico presente negli sfondi architettonici dei dipinti di questi pittori. (cfr. Mazzocca 2007, pp. 62-63)

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Lo stile di Tetti al sole di Raffaello Sernesi

Gli storici dell’arte considerano Raffaello Sernesi uno dei principali esponenti dei pittori Macchiaioli. L’elemento principale della sua pittura è il principio della macchia elaborato dal gruppo alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento. Il linguaggio macchiaiolo, nella sua manifestazione più radicale, predeveva infatti l’accostamento di campiture di colore omogeneo, privo di chiaroscuro. Le macchie dovevano accostarsi secondo il criterio del massimo scuro e del massimo chiaro. Infatti, nel tentativo di abbandonare la pittura accademica del Neoclssicismo e del Romanticismo, i Macchiaioli abolirono le mezze tinte a favore di contrasti di luce estremi.

Per sperimentare questa pittura fecero così uso di specchi neri che riflettevano il paesaggio appiattendo la gamma di luminosità e restituendo l’immagine filtrata e molto contrastata. Questa scelta fu affiancata poi da una grande sintesi formale che si coglie nelle facciate delle architetture costituite da incastri di forme geometriche semplici. La riduzione al minimo interessò anche i colori, ridotti ad una limitata gamma cromatica di ocra, azzurri e grigi. In Tetti al sole alcuni aspetti del dipinto si avvicinano ad un risultato astratto.

La tecnica di Tetti al sole di Raffaello Sernesi

Tetti al sole di Raffaello Sernesi è un dipinto realizzato con impasti di colore ad olio applicati su cartoncino. L’opera è di piccole dimensioni e misura 12,3 centimetri di altezza e 19 cm di larghezza.

Il colore e l’illuminazione

Tetti al sole di Raffaello Sernesi presenta una limitata tavolozza di toni cromatici, che rappresenta un aspetto importante del linguaggio artistico macchiaiolo. In basso, prevalgono toni di ocra, il rosa e il grigio freddo delle architetture. In alto invece è molto evidente l’azzurro del cielo. Si può notare il contrasto tra complementari, prodotto dalla vicinanza del rosa-arancio e del grigio-blu. Inoltre, in primo piano sono presenti i forti contrasti tra le ombre quasi nere e le mura illuminate dalla luce solare, tipici della pittura di macchia.

L’illuminazione intensa, che proviene da destra, crea ombre molto scure che si proiettano verso il fronte dell’immagine e che suggeriscono l’effetto di una tersa e calda giornata di sole.

Lo spazio

Nella veduta di Raffaello Sernesi è ritratto l’angolo di un piccolo borgo composto da edifici affiancati. Le facciate cieche sono dipinte in posizione frontale mentre l’edificio rosa a sinistra con le piccole finestre è riprodotto in prospettiva accidentale. Le relazioni spaziali tra le figure sono determinate dalle fughe prospettiche oblique degli edifici più in basso. Il punto di vista dell’osservatore è alto e lontano e permette così una visione d’insieme delle architetture. La profondità inoltre è limitata al gruppo di case in primo piano. Solamente in alto a destra, si scorge un edificio più lontano che, con la nuvola chiara, crea una maggiore profodità della scena. Nel complesso, i volumi degli edifici suggeriscono uno spazio geometrico e razionale.

La composizione e l’inquadratura

Il piccolo dipinto di Sernesi è di forma rettangolare sviluppata in orizzontale. L’inquadratura, tipica della veduta, incornicia l’insieme degli edifici organizzati secondo un accorto equilibrio delle masse.

La struttura compositiva è quindi evidente nell’incastro di forme geometriche, quadrangolari e triangolari. Infatti, l’unica forma organica presente nel dipinto è quella della nuvola chiara che sfiora i tetti.

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Bibliografia

  • Giuseppe Intersimone, Poetica di Raffaello Sernesi, Milano: Alfieri & Lacroix, 1968
  • Carlo Del Bravo, Bellezza e pensiero, Firenze, Le Lettere, 1997, 2002
  • Matteucci G., Mazzocca F., Paolucci A., (a cura di), Silvestro Lega. I Macchiaioli e il Quattrocento. Catalogo della mostra (Forlì, 14 gennaio-24 giugno 2007), Silvana, 2007, ISBN 9788836607761
  • Fernando Mazzocca, I macchiaioli, Giunti, Collana: Atlantissimi, 2019, EAN:9788809874862
  • Francesca Dini (a cura di), I Macchiaioli. Skira, 2021, ISBN: 885724884EAN: 9788857248844
  • Simona Bartolena (a cura di), I MACCHIAIOLI Una rivoluzione en plein air., Skira, 2021, ISBN: 885724547 EAN: 9788857245478
  • Tiziano Panconi (a cura di), I MACCHIAIOLI L’avventura dell’arte moderna, Skira, 2022, ISBN: 885724931EAN: 9788857249315

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 4 dicembre 2022.

Gli autori hanno osservato l’opera dal vero.

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