Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini

Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini è una veduta del noto quartiere fiorentino realizzata pochi anni prima della sua demolizione.

Telemaco Signorini, Il Ghetto di Firenze, 1882, olio su tela, 96 x 66 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

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Indice

Descrizione de Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini

Nel dipinto intitolato Il ghetto di Telemaco Signorini è raffigurata una stretta stradina che si apre tra gli alti edifici del centro di Firenze. Una folla popolare anima il passaggio che si snoda tra le mura alte. Un anziano ebreo con il cappello a bombetta avanza in primo piano. A sinistra, alcune donne sono sedute a terra intorno ad un grande cesto. In centro, si riuniscono molti uomini, vestiti in abiti israeliti di colore nero, che parlano e passeggiano. Una vecchia signora accompagnata da una bambina si avvicina quindi sulla sinistra. Altre figure umane dagli abiti poveri e colorati si intravedono poi a destra.

Il dipinto mostra le mura esterne delle case popolari poco curate e degradate dagli agenti atmosferici. La prospettiva degli edifici prosegue in lontananza. In alto si vede un esempio degli archi che contribuiscono alla stabilità delle costruzioni. Sulle mura esterne dei palazzi si aprono le persiane verdi di legno e in alto, a destra, si vede un lampione d’angolo sorretto da una struttura in ferro battuto. Il dipinto è ricco di particolari come la targhetta bianca con le indicazioni catastali.

Interpretazioni e simbologia de Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini

Il dipinto di Telemaco Signorini ritrae il ghetto di Firenze come appariva nel 1882 poco prima delle operazioni di demolizione. In questo dipinto si rivela la vocazione di Telemaco Signorini a trattare temi sociali che alcuni commentatori hanno definito naturalistico-umamanitari. Accanto al tema del degrado urbano e della segregazione urbana dei cittadini di fede ebraica Signorini si occupò di altre emergenze sociali. Il carcere è raccontato nel dipinto Bagno penale a Portoferraio. La realtà nascosta dell’infermità mentale è poi rappresentata ne La sala delle agitate nell’ospizio di San Bonifacio. Infine la vita nelle case di tolleranza è trattata con delicatezza ne La toilette del mattino.

La decadenza di questo angolo di Firenze sembra rappresentata dall’anziana donna che avanza a fatica e tiene per mano un bambino. In una delle versioni il viso del piccolo assume l’aspetto di un teschio. Anche la figura del vecchio dipinta al centro va forse interpretata nella stessa direzione. Il ghetto di Firenze ospitava i cittadini di religione ebraica. Nato intorno alla metà del Cinquecento, il ghetto fu demolito sul finire dell’Ottocento. Questo quartiere fiorentino era brulicante di vita e commerci e sorgeva intorno al Mercato Vecchio poi abbattuto. Oggi, al posto del ghetto si trova Piazza della Repubblica. Sull’arco di trionfo costruito in questa zona si legge una scritta a ricordo dell’abbattimento del Mercato Vecchio: “Da secolare squallore a nuova vita restituito“”(1895). Infatti, in questo angolo di Firenze si trovava prima l’insediamento romano e quindi la città medievale.

Le origini del ghetto

Il ghetto di Firenze fu voluto da Cosimo I. Nel 1570, appena nominato Granduca di Toscana. Carlo Pitti, funzionario e Magistrato Supremo di Cosimo I fu l’attuatore di questo progetto sociale. Nel 1557, l’allora Duca accolse gli ebrei in fuga da Roma e dal Papa che li voleva chiudere nei ghetti. Però, quando il pontefice gli offrì il titolo di Granduca, che l’imperatore del Sacro Romano Impero e il re di Spagna gli avevano negato, Cosimo primo sacrificò i suoi buoni rapporti con gli ebrei ma con gran cautela. Per prima cosa, nel 1570 chiese a Carlo Pitti di realizzare un censimento per individuare i banchieri che operavano con condotte scadute per allontanarli dalla città. A causa di una decisa indagine e alcune false testimonianze, molti influenti ebrei si allontanarono da Firenze. I pochi ebrei rimasti ebbero quattro mesi per rinchiudersi nel ghetto.

Carlo Pitti ebbe anche l’incarico di individuare un quartiere di Firenze dove istituire il ghetto. Il funzionario acquistò così la zona di Piazza della Repubblica, dove si trovavano le antiche case-torri dei nobili fiorentini che al tempo erano ormai in pieno degrado. Infatti i proprietari erano molti e Pitti impiegò alcuni mesi per stipulare i contratti. Il primo acquisto è documentato il 23 gennaio del 1571.

I ghetti di Telemaco Signorini

La rappresentazione del Ghetto rientra nella pittura urbana di Signorini che comprende Ponte Vecchio del 1879, conservato in una collezione privata. Signorini, nel 1860 dipinse una veduta di Venezia intitolata Il ghetto di Venezia o Il quartiere degli israeliti a Venezia dimostrando un certo interesse verso i luoghi meno conosciuti delle città. Infatti, la sua esposizione alla prima Esposizione Nazionale di Firenze suscitò una forte disapprovazione del pubblico artistico. Stessa reazione ebbe alla Promotrice di Torino nel 1861. Lo scandalo che ne derivò fu causato dalla scelta di portare in luce una realtà che l’ambiente borghese e ufficiale teneva nascosta.

Ippolita Morgese, Nessuno sa di lui. Carlo Pitti, il vero artefice del ghetto ebraico di Firenze, Le lettere, 2018, ISBN-10 ‎8893660768 ISBN-13 ‎978-8893660761

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Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini si trova a Roma, conservato presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, ospitata presso il Palazzo delle Belle Arti.

L’artista e la società. La storia dell’opera Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini

Il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini nacque a Firenze il 18 agosto 1835 e morì a Firenze il 10 febbraio 1901. La veduta del Ghetto risale al 1882 e fu dipinto dall’artista all’età di circa 47 anni. Esistono diverse versioni di questo soggetto, alcune di minori dimensioni rispetto a quella conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Secondo voci storiche, la prima versione risale al 1881. In basso a destra si legge la firma dell’artista: TSignorini.

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Lo stile de Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini

Telemaco Signorini è indicato dagli storici dell’arte un maestro tra i Macchiaioli. Il pittore elaborò infatti un linguaggio figurativo essenziale, costituito da volumi semplici che definiscono le forme, pochi colori e una grande partecipazione emotiva. Nei suoi paesaggi e nelle sue vedute si assiste a una forte integrazione fra figura umana e ambiente urbano. La macchia fu l’elemento principale della pittura di Signorini che utilizzò zone di colore uniforme per creare figure e ambiente. Inoltre le sue opere si caratterizzano per mancanza di chiaroscuro e una limitata gamma di colori.

La tecnica

Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini è una veduta realizzata con impasto di colori ad olio stesi su una tela di 42 centimetri di larghezza e 28 cm. di altezza.

Il colore e l’illuminazione

Il dipinto è caratterizzato dai colori terrosi che ricoprono le vecchie mura, ocra, grigi e marroni. Stessi colori si colgono poi sugli abiti scuri e bruni degli uomini. Invece, le vesti dai colori brillanti di donne e bambini spiccano nell’insieme dei bruni. Sulle facciate si evidenzia quindi il verde delle persiane.

In basso, il selciato chiaro e lucido della via riflette una pallida lama di luce che si fa strada a fatica nel limitato spazio tra i vecchi palazzi. Un’ampia zona d’ombra oscura le pareti di destra, in alto i profili delle abitazioni si disegnano contro il cielo chiaro.

Lo spazio

Lo spazio urbano ricreato nel dipinto di Signorini è dominato dalle alte mura delle case che si alzano a destra e a sinistra e incombono sullo stretto passaggio della via del ghetto. In primo piano, si crea un piccolo slargo che permette alla veduta di aprirsi mentre in lontananza la via si restringe e si determina una forte impressione di profodità. La prospettiva dal basso dello skyline dei palazzi ricorda le riprese fotografiche. Prospetticamente, le linee di fuga delle facciate di sinistra convergono a destra in un punto molto vicino al bordo del dipinto e coinvolgono l’osservatore nella scena. Infine il lastricato della strada si alza e crea uno scivolo visivo verso il fondo della strada, occupata dai passanti, che si snoda tra i palazzi.

La composizione e l’inquadratura

Il dipinto è di forma rettangolare con l’inquadratura verticale che sottolinea l’altezza delle mura e produce un effetto leggermente claustrofobico. L’incrocio delle diagonali corrisponde al punto in cui si genera il fiume di passanti allineati alla diagonale che sale dall’angolo inferiore destro. Inoltre, altri gruppi di figure umane si a ancorano alla diagonale opposta che sale da sinistra.

Il ghetto di Telemaco Signorini

Il ghetto di Telemaco Signorini
Il ghetto di Telemaco Signorini

Telemaco Signorini, nato nel 1835 e morto nel 1901, dipinse questa versione del ghetto di Firenze sul finire dell’Ottocento, quando era ormai un artista affermato. Gli storici, nel tentativo di ordinare le versioni di questo soggetto, indicano questa versione con il titolo Il ghetto.

Il dipinto non è datato ed è realizzato con impasto di colori ad olio stesi su tavola. Le dimensioni della veduta sono ridotte. L’altezza è 21,6 centimetri e la larghezza 11,4 cm. Sul dipinto si legge una firma indistinta. L’opera è conservata in una collezione privata. È documentata la vendita della tavoletta presso Sotheby’e, a New York, in occasione dell’asta 6667 – Dipinti, disegni e sculture europee del XIX secolo, del 16 febbraio 1995, lotto 154. Il ghetto fu venduto per 20,000 dollari.


Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini collezione privata

Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini collezione privata
Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini collezione privata

Anche questa versione, non datata, si intitola Il ghetto di Firenze. È una tavoletta di piccole dimensioni di 30 centimetri di altezza e 20 centimetri di larghezza. In basso a destra compare la firma: TSignorini. L’opera è proprietà di una collezione privata.

È una visione meno cupa del dipinto conservato presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Le facciate a destra sono più illuminate e le figure umane sono appena accennate con veloci pennellate. Il selciato è definito da molte linee scure che profilano le lastre di pietra ma nell’insieme presenta una forte sintesi formale ottenuta con pochissimi toni di ocra.


Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini collezione privata

Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini collezione privata
Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini collezione privata

Telemaco Signorini dipinge un’altra versione de Il ghetto di Firenze senza indicare la data di esecuzione che gli storici ipotizzano essere il 1892 circa. Questo dipinto è un impasto di colori ad olio applicati su una tela di medie dimensioni, 81 centimetri di altezza e 56 cm di larghezza. La firma si trova in basso destra: TSignorini. L’opera è di proprietà di una collezione privata.

Le figure umane che popolano il ghetto sono ben definite ma assumono un aspetto inquietante e scheletrico. Nonostante questo, la luce che penetra tra le alte mura illumina lo stretto passaggio e ravviva l’atmosfera della via.

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Bibliografia

  • Telemaco Signorini e la pittura in Europa, a cura di Giuliano Matteucci, Fernando Mazzocca, Carlo Sisi ed Ettore Spalletti, Fondazione Bano, Palazzo Zabarella, Padova, 19 settembre 2009 – 31 gennaio 2010.
  • Telemaco Signorini e la pittura in Europa. Catalogo della mostra (Padova, 19 settembre 2009-31 gennaio 2010), Marsilio, Collana: Cataloghi, 2009, EAN: 9788831798402
  • S. Condemi (a cura di), Firenze negli occhi dell’artista, da Telemaco Signorini a Ottone Rosai, Sillabe, 2012, EAN: 9788883476495S
  • Tiziano Panconi, Telemaco Signorini, Catalogo generale ragionato delle opere dipinte, Museo archives Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia, 2019, ISBN-A10.979.12200/51149

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 26 novembre 2022.

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