Capire l’opera d’arte è ancora necessario?

Capire l’opera d’arte è un’operazione ancora necessaria oppure l’artista ha diritto ad una opacità interpretativa quale cifra personale?

Immagine: Damien HirstL’impossibilità fisica della morte nella mente del vivo (The Physical Impossibility of Death in the Mind of the Living), 1991, squalo tigre, vetro, ferro dipinto, soluzione di formaldeide, 217 x 542 x 180 cm. Londra, Saatchi Collection

Capire l’opera d’arte è anche il titolo di un saggio dello storico dell’arte svizzero Heinrich Wölfflin (Winterthur, 1864 – Zurigo, 1945). Wölfflin pubblicò il breve saggio nel 1921 per ribadire la necessità di utilizzare un metodo sistematico nella comprensione di un’opera d’arte. Secondo lo studioso e coloro che hanno da sempre sostenuto questa tesi, un’opera d’arte deve essere capita e interpretata in modo univoco.

Il “formalismo” di Wölfflin e della sua scuola porterà, attraverso il tempo, alla pratica descrittiva del manufatto artistico. Così, gli studiosi applicheranno, nel tempo, strumenti storici, sociologici, letterari, tecnici per creare un’interpretazione il più possibile obiettiva.

L’opera d’arte sezionata

Questo metodo ha dato molto alla diffusione dell’arte storica, anche dell’immediato passato. Ha svelato i condizionamenti sociali e quelli personali che hanno determinato quella particolare forma artistica. Soprattutto nella didattica le ricerche degli storici hanno permesso di redigere manuali di Storia dell’arte più comprensibili al grande pubblico. Del tutto piacevole è anche seguire un grande critico mentre svela i meccanismi rappresentativi dell’opera e i suoi simbolismi nascosti.

L’opera d’arte interpretata

Gli artisti contemporanei rispetto alla scelta di spiegare la loro opera, mostrano, però, una certa diversità di vedute. Alcuni artisti della nuova figurazione offrono i loro dipinti allo sguardo e all’interpretazione personale dell’osservatore. Altri ritengono necessario ripercorrere il processo creativo e il legame con la tradizione. Alcuni, poi, intessono un dialogo con il loro ospite al fine di stabilire uno spazio comune e creare una connessione con l’opera.

L’opera d’arte vissuta

Ogni approccio alla fruizione dell’opera è sicuramente valido e sacrosanto. Soprattutto se avviene dal vero e in un contesto di comunità, anche se effimera che si risolve nello spazio di un evento. Il valore comunicativo di un’opera è presente nello sguardo di chi osserva e ancora meglio se si tratta di uno sguardo collettivo. È quindi un valore aggiunto, direi essenziale, quello di partecipare all’evento artistico per trasformare “vivere” il rapporto con l’arte. Bene le mostre fiume che riempiono di folle della domenica i musei. Meglio l’inaugurazione in galleria o nello spazio dell’artista dove la visita si trasforma in esperienza esistenziale e relazione umana.

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