Tebaide di Beato Angelico è un dipinto che racconta la vita quotidiana di monaci in ritiro ascetico sui monti di Tebe.
Tebaide, Beato Angelico, 1420 c., tempera su tavola, 75 x 207 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi
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Indice
Descrizione di Tebaide di Beato Angelico
La Tebaide del Beato Angelico raffigura un ampio paesaggio di montagna e la riva del mare interrotta, a destra, da un fiume. Sulle alture crescono pochi alberi e si vedono alcuni piccoli edifici. Sono i romitori costruiti dai monaci che popolano il paesaggio. Lungo la riva galleggiano molte piccole imbarcazioni.
Interpretazioni e simbologia di Tebaide di Beato Angelico
Il titolo con il quale i curatori del museo e gli storici indicano il dipinto di Beato Angelico si riferisce a un tema della religione cristiano-cattolica. I modelli iconografici risalgono al Trecento.Tebaide deriva dal nome della regione dell’Antico Egitto con capitale Tebe, sede del ritiro acetico di alcuni monaci del primo Cristianesimo. La fonte di questa narrazione sono le raccolte di testi che raccontano le vite dei Santi, nei quali si fa riferimento ai monaci che si rifugiarono nel deserto intorno a Tebe per pregare e rafforzare la loro fede. Una di queste fonti è la Historia religiosa seu ascetica vivendi ratio di Teodoreto che raccoglie le biografie di trenta Santi Padri. In pittura la rappresentazione della Tebaide seguì una precisa iconografia. Solitamente, infatti, i monaci erano raffigurati nelle loro pratiche religiose quotidiane all’interno di un paesaggio desertico e roccioso.
Le scene raffigurate nella Tebaide di Beato Angelico riguardano episodi importanti della vita dei monaci e momenti di vita quotidiana dedicati alle mansioni domestiche o all’assistenza al popolo. Così si vede un monaco che attinge l’acqua da un pozzo e un gruppo di religiosi che trasporta un uomo in barella. Tra gli altri Santi sono riconoscibili Onofrio e Antonio. Il monte roccioso sul quale crescono gli alberi, il fiume che lo traversa e il mare in primo piano, secondo gli storici, simboleggiano il giardino spirituale in cui sbocciano le virtù rappresentate dai monaci asceti.
La Tebaide a Firenze
Lo storico Bellosi, nel 1974, indicò come prototipo della Tebaide di Beato Angelico un dipinto di origine bizantina. Secondo lo storico, su questa prima rappresentazione si modellarono tutte quelle seguenti. Oltre a quella degli Uffizi esiste la Tebaide della collezione del conte di Crawford and Balcarres in Inghilterra, datata a fine del Duecento. In Italia l’affresco del Camposanto di Pisa e l’affresco del Keresztèny Museum di Esztergon in Ungheria, che oggi gli storici ritengono un dipinto giovanile Mariotto di Nardo (Boskovits), realizzato quindi tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento.
Il tema religioso del dipinto di Beato Angelico è connotato da una spiritualità raffinata tendente all’ascetismo. Per questo gli storici indicano la nascita della Tebaide nella realtà del monachesimo intellettuale di Firenze. La grande popolarità che la Tebaide ottenne all’epoca è testimoniata inoltre dalle due versioni che erano di proprietà della famiglia De’ Medici.
La Tebaide in letteratura
In ambito letterario La Tebaide (Thebais) è un poema epico, opera dello scrittore Papinio Stazio scritta tra la fine del 70 d.C. e gli inizi del 90 d.C. Racconta la mitica guerra combattuta tra Eteocle e Polinice, figli di Edipo, per il possesso della città di Tebe in Grecia.
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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione dellaTebaide di Beato Angelico
Secondo lo storico Strehlke, Giovanni di Bicci, padre di Cosimo il Vecchio, fu il committente del dipinto. Esisteva, infatti, un legame di amicizia tra il fondatore di una comunità di frati eremiti in S. Girolamo a Fiesole, Carlo Guidi da Montegranello e il banchiere di Firenze.
LaTebaide di Beato Angelico è custudita presso la Galleria degli Uffizi di Firenze inserita nella Collezione Pittura con numero d’inventario 1890 n. 447. Le Gallerie fiorentine acquistarono l’opera nel 1780 che era di proprietà del pittore pisano di origine inglese Ignazio Hughford.
L’artista e la società. La storia dell’opera Tebaide di Beato Angelico
Il dipinto attribuito a Beato Angelico dal titolo Tebaide risale al 1420 circa e fu realizzato dal pittore poco più che ventenne. A questa data l’Angelico non aveva ancora posto i voti per diventare frate. Giovanni Beato Angelico Da Fiesole Detto Beato Angelico nacque a Vicchio di Mugello, Firenze nel 1395 circa e morì a Roma 1455.
La Tebaide nell’arte si diffuse soprattutto a Firenze nel Quattrocento con dipinti realizzati su tavole di legno. L’opera di Beato Angelico è, ad oggi, l’unica rimasta integra delle molte commissionate al tempo.
La difficile vicenda attributiva
I curatori e gli storici del passato attribuirono la Tebaide degli Uffizi a Gherardo Starnina considerando che nel dipinto si ritrovano molti stilemi della pittura tardogotica. Lo storico Lanzi, nel Settecento, invece collegò la Tebaide all’affresco presente nel Camposanto di Pisa e quindi la attribuì ad Ambrogio Lorenzetti. Questa attribuzione decadde quando il dipinto del Camposanto fu in seguito considerato du Buonamico Buffalmacco. Dopo anni di discussioni si arrivò così alla riattribuzione a Gherardo Starnina da parte degli storici Rigoni, che lo descrisse nella sua guida, Gamba e Procacci.
Roberto Longhi, nel Novecento, attribuì l’opera a Beato Angelico considerando la presenza di particolari tipici dell’arte del Quattrocento come le impostazioni prospettiche, ancora non presenti nella pittura del tardogotico. Per supportare la sua ipotesi attributiva, Longhi collegò anche l’opera alla Tebaide di Beato Angelico che è documentata nell’inventario redatto dopo la morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492. Infine ad oggi l’attribuzione di Longhi è quella più condivisa dagli storici dell’arte.
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Lo stile di Tebaide di Beato Angelico
Gli storici dell’arte sono giunti ad attribuire la tavola al periodo giovanile di Beato Angelico. Infatti, non sono ancora presenti elementi stilistici propri del Rinascimento. Lo spazio presenta così una concezione paratattica, con i gruppi di personaggi che agiscono isolatamente. Infatti, le singole scene, che affollano l’immagine, sono affiancate ma non sembrano condividere lo stesso tempo. Sono sincroniche visivamente ma avvengono in tempi diversi. La rappresentazione degli edifici, poi, presenta ancora un certo aspetto intuitivo e non rivela una coerenza prospettica. Le figure infine sono ancora rigide e un po’ stereotipate, appaiono come figurine applicate sul paesaggio.
Nonostante questa concezione ancora tardo gotica lo storico Bellosi, nel 1974, osservò che nel dipinto erano già accennati alcuni principi rinascimentali già indicati da Roberto Longhi.
La tecnica di Tebaide di Beato Angelico
Beato Angelico dipinse la Tebaide utilizzando velature di colori a tempera stese su tavola. L’opera misura 75 centimetri di altezza e 207 cm di larghezza.
Il colore e l’illuminazione
La Tebaide attribuita a Beato Angelico, cromaticamente, rispecchia la concezione paratattica della spazio e la frammentaziine della scena. Infatti, i colori non sono armonizzati in modo tale da creare un’atmosfera che unifichi l’opera. Invece ogni figura è resa con un colore proprio ritagliato rispetto al contesto e non sembra condizionato dalla presenza di quelli confinati. Così la fascia centrale, è dedicata all’ocra e ai marroni della montagna. In basso invece predomina il blu-verde del mare e, infine, in alto il blu turchese del cielo che crea un fattore unificante su tutta l’immagine.
Lo spazio
Tebaide di Beato Angelico ritrae un ampio paesaggio. La vista va dal mare che lambisce la riva rocciosa fino alla vetta delle montagne. La scena non presenta una zona di principale interesse ma gruppi di personaggi impegnati in azioni quotidiane e religiose. Lo spazio di tipo paratattico non presenta quindi una centralità prospettica e gli edifici sono realizzati con semplici principi assonometrici. Anche i gruppi di personaggi sembrano occupare una porzione di scena senza essere in relazione con gli altri. Questa costruzione ambientale porta così l’osservatore a vagare con lo sguardo sulla superficie dipinta senza poter individuare un centro compositivo.
La composizione e l’inquadratura
La Tebaide è di forma rettangolare con inquadratura molto sviluppata in orizzontale. Questo taglio compositivo permette di avere un’ampia superficie dipinta sulla quale collocare i diversi gruppi di personaggi che popolano la scena. Compositivamente, in basso, la fascia occupata dal mare, è più libera e forma a sinistra un’ansa circolare. Le piccole imbarcazioni sono poi distribuite in modo regolare, quasi alla stessa distanza. Si determina così una matrice ordinata che cristallizza questa parte del dipinto. Invece, la fascia centrale, con le montagne popolate dai monaci è satura di piccoli dettagli naturali e figure umane. Anche in questo caso non si crea un effetto dinamico della composizione perché le figure sembrano collocate sulla superficie con il solo fine di non lasciare spazi vuoti. La fascia del cielo, infine, è molto sottile e con la sua pulizia formale permette di legare, in alto, tutto il resto della composizione.
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Bibliografia
- John Pope-Hennessy, Beato Angelico, Scala, Firenze 1981.
- Guido Cornini, Beato Angelico, Giunti, Firenze 2000 ISBN 88-09-01602-5
- AA.VV., Galleria degli Uffizi, collana I Grandi Musei del Mondo, Roma 2003.
- Gloria Fossi, Uffizi, Giunti, Firenze 2004. ISBN 88-09-03675-1
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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 14 febbraio 2023.
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