Zeus di Capo Artemisio

Zeus di Capo Artemisio è una statua di epoca arcaica ritrovata nel 1926 e conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Atene.

Calamite o bottega, Zeus di Capo Artemisio (Cronide di capo Artemisio), 470-480 a.C, bronzo, h 209 cm. Atene, Museo Archeologico Nazionale

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Indice

Descrizione della scultura intitolata Zeus di Capo Artemisio

La statua di Zeus di Capo Artemisio raffigura un nudo di uomo. Il dio è in posizione eretta e il volto è girato verso la sua sinistra. Inoltre, valutando la posizione delle braccia sembra lanciare un oggetto. Il suo aspetto è quello di un uomo maturo. Il viso, poi, è incorniciato da una barba lunga e folta. Invece, i capelli sono corti, ricci, molto aderenti al capo e disposti in file ordinate. Il viso di Zeus è inespressivo, presenta zigomi sporgenti e naso accentuato. Inoltre, le orecchie sono piccole e libere dai capelli. Infine, il suo sguardo pare concentrato nell’azione. Il busto è frontale e descritto nella sua muscolatura di persona robusta.

Sono molto evidenti i pettorali, gli addominali, i fianchi e anche i dentati. Il suo braccio sinistro è leggermente flesso e la mano sembra impugnare un’asta. Il braccio destro, invece, è completamente disteso e sembra prendere la mira.

La sua gamba sinistra sostiene il peso del corpo ed è flessa mentre quella destra è pronta a dare lo slancio. Infine, il piede sinistro poggia interamente sulla base mentre quello destro ha il tallone sollevato.

Interpretazioni e simbologia dello Zeus di Capo Artemisio

Il termine “Cronide” significa figlio di Crono, il dio del tempo. Infatti, la statua potrebbe rappresentare Zeus o Poseidone figli di Crono. L’oggetto che viene lanciato potrebbe, cosí, essere un fulmine o un tridente.

La fuga dal padre Crono

Zeus era figlio di Rea e di Crono. Rea ebbe dal titano Crono tre figli, Poseidone Ades e Zeus. Crono decise di liberarsi di tutti e tre gettando Poseidone nel profondo degli abissi e Ades nel Tartaro. Rea, decisa a salvare almeno l’ultimogenito Zeus, sostitui il bambino con una pietra avvolta in un panno che Crono inghiottì. Crono si accorse però dell’inganno e iniziò a cercare il bambino. Una delle precedenti figlie di Rea, Era, pregò la madre di consegnare a lei Zeus in fasce e fuggi a Creta. Amaltea, figlia del re cretese Melisseo, per mettere in salvo Zeus, lo mise in una culla sospesa ad un albero. In questo modo il piccolo non si trovava né in cielo, nè in terra, nè in mare. Poi diede a dei ragazzi, Cureti o Coribanti, lance e scudi per fare un gran rumore e coprire i pianti del piccolo Zeus.

Le nutrici del piccolo Zeus

Secondo una versione antica Adrastea e Ide furono le custodi e le nutrici di Zeus. Adrastea, nome che significa ineluttabile regalò un pomo d’oro al piccolo come premonizione delle future glorie di sovrano degli dei. Gli studiosi fanno però notare che Adrastea e Ide erano anticamente due definizioni della stessa Rea. Una diversa versione indica come nutrici di Zeus, Amaltea e Melissa, le figlie del re di Creta Melisseo. Melissa, il cui nome significa ape, nutrì il piccolo dio con del miele.

Le api nutrici di Zeus

Secondo una ulteriore versione, nella sacra grotta in cui Rea partorì Zeus vivevano delle api che nutrirono il dio con il loro miele. Per ringraziarle di questo, il dio donò loro il colore dorato e una grande forza. La grotta delle api rimase sacra per sempre. Infatti a dei ed umani era vietato entrare al suo interno. Addirittura, in antichità, una volta all’anno fermentava il sangue scaturito dalla nascita di Zeus ed erompeva dall’interno della grotta un gran fuoco.

La capra di Amaltea

Secondo un’altra narrazione, Amaltea figlia del re di Creta Melisso nutrì Zeus facendogli bere il latte da un corno di capra. Secondo gli studiosi era invece di bue per la sua forma. Comunque, il corno aveva il potere di fornire latte inesauribile. La capra, figlia del sole, si dice fosse molto brutta e i primi dei pregarono Gea di nasconderla in una grotta di Creta dove nutrì poi Zeus infante.

Una volta cresciuto, Zeus per ottenere la forza di sconfiggere i Titani, uccise la capra e indossò la sua pelle che portava sul dorso il volto della Gorgone e divenne invulnerabile. Secondo il mito, Egipan, cioè il dio Pan, era figlio della capra e prese da lei il latte insieme a Zeus. Pan lottò poi insieme a Zeus contro i Titani e suonando il suo corno a spirale spaventò gli avversari facendoli cadere nel timor panico. Infine, secondo una diversa versione Amaltea era proprio il nome della capra nata dal sole.

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La statua dello Zeus di Capo Artemisio è esposta presso il Museo Archeologico Nazionale di Atene.

L’artista e la società. La storia dell’opera

La statua fu ritrovata nel 1926 e recuperata nel 1928. Il Cronide si trovava nello spazio circostante di un relitto del 200 a.C. Probabilmente, si trattava di una nave romana che portava oggetti artistici a Roma. Forse gli occhi erano decorati in avoro, le sopracciglia in argento, le labbra e i capezzoli in rame.

Consulta anche l’articolo intitolato: I libri utili alla lettura dell’opera d’arte.

Consulta anche l’articolo intitolato: La scheda per l’analisi dell’opera d’arte.

Lo stile della statua Zeus di Capo Artemisio

Zeus di Capo Artemiso è un’opera del periodo arcaico. La sua posizione frontale e il suo viso inespressivo indicano, infatti, una concezione statica della figura umana.

La tecnica

La statua detta Zeus di Capo Artemisio é una fusione di bronzo.

La luce sulla scultura

La superficie della scultura in bronzo è scura di tonalità calda e riflettente. Inoltre la luce non crea forti chiaroscuri sul corpo che è segnato da una muscolatura naturale sul torso. Le ombre si addensano però nella parte inferiore delle braccia sollevate, nella barba e tra i capelli.

Rapporto con lo spazio

La figura scolpita dell’uomo è fruibile da ogni lato. La scultura è quindi un tuttotondo che permette all’osservatore di guardare l’opera girando intorno ad essa. Se osservata frontalmente al corpo la prospettiva restituisce una struttura molto diversa da quella che si ottiene ponendosi di fronte al volto.

La struttura

Il corpo si trova in una posizione detta “a chiasmo”. Infatti, la parola deriva dalla lettera greca “X” (Chi). Le gambe sono poi aperte a forbice e le braccia estese in diagonale. Nel complesso, infine, assume una posizione molto equilibrata. Per i greci l’equilibrio di una scultura rappresentava importanti qualità morali.

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Bibliografia

  • Ranuccio Bianchi Bandinelli ed Enrico Paribeni, L’arte dell’antichità classica. Grecia, Torino, UTET Libreria, 1986, ISBN 88-7750-183-9
  • Giuliano A., Storia dell’arte greca, Carocci, Roma, 1998. ISBN 88-430-1096-4
  • Photini N. Zaphiropoulou, Capolavori della scultura greca antica, Ist. Poligrafico dello Stato Collana: Archeologia, 2007, EAN: 9788824011358
  • Giorgio Bejor, Marina Castoldi, Claudia Lambrugo, Arte greca, Mondadori Università; Nuova Edizione edizione (1 ottobre 2013), ISBN-10: 8861842968 ISBN-13: 978-8861842960
  • Luigi Rocchetti, Le gioie sepolte. Scultura greca del periodo arcaico, Arbor Sapientiae, 01/01/2018, EAN:9788894820850

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 17 marzo 2020.

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