Athena Parthènos di Fidia

La monumentale statua crisoelefantina di Athena Parthènos, realizzata da Fidia, è ormai perduta. Le cronache degli scrittori del tempo la descrivono come un’opera di eccezionale fattura e grande fascino religioso ed estetico.

Da Fidia, Athena Parthènos, copia romana del II secolo d.C., originale del 438 a.C., originale oro, avorio, pietre preziose, cm 1275 circa. Atene, Museo Nazionale Archeologico

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Indice

Descrizione di Athena Parthènos di Fidia

Della grande statua crisoelefantina (realizzata in oro e avorio) scolpita da Fidia non rimane alcun frammento. La statua era collocata all’interno del Partenone, sull’Acropoli di Atene, nella zona anteriore. Sono i racconti degli scrittori antichi che hanno tramandato la monumentalità e la bellezza della statua alta circa 12 metri. Dell’opera rimangono solamente alcune raffigurazioni su gemme o copie, più o meno conformi all’originale. Analogo destino subì la statua di Zeus ad Olimpia, sempre in oro e avorio, alta 14 metri. Secondo le ricostruzioni Athena era raffigurata in piedi, abbigliata con un peplo ricadente in molti panneggi che creavano pieghe verticali. Sul petto vi era una fibia con la rappresentazione di Medusa e l’egida (il suo scudo) con la testa di una Gorgone.

Una copia forse fedele nel Museo Archeologico Nazionale di Atene

Il volto era frontale e lo sguardo diretto e deciso puntato lontano con un’espressione da guerriero. Infatti, sul capo indossava un elmo con cresta, sul quale era raffigurato un cavallo e la sfinge sui tre cimieri. Con la mano sinistra, poi, sorreggeva uno scudo tondo, poggiato a terra e portava una lancia. La mano destra, invece, era poggiata su di una colonnina e sorreggeva la statuetta di Nike la vittoria alata. Sullo scudo, dal diametro di circa quattro metri, erano scolpite scene di amazzonomachia (battaglia tra greci amazzoni) e di gigantomachia (battaglia tra greci e giganti). All’interno dello scudo vi era nascosto il serpente Erittonio, nato dal seme di Efesto sparso sulle gambe di Athena. La dea, disgustata lanciò il seme su Gea che gravida generò Erittonio con due gambe a forma di serpe. Sui sandali di Athena Parthènos vi erano scene di centauromachia (lotta con i centauri)

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L’artista e la società. La storia dell’opera

L’originale Athena Parthènos venne danneggiata una prima volta prima del 165 a.C., restaurata venne, poi, distrutta definitivamente nel V secolo dopo Cristo. La copia esposta al Museo Archeologico Nazionale di Atene fu ritrovata nei pressi della scuola di Varvakeion.

Fidia fu un apprezzato scultore ateniese dell’Età classica e operò nella seconda metà del V secolo a.C. Lo scultore è considerato dagli storici dell’arte con uno dei più grandi geniali creatori di forme scultoree di ogni tempo. Fortunatamente, dell’artista si sono conservate un numero sufficiente di opere originali che permettono di approfondire la sua conoscenza. Le tracce della sua opera di scultore si ritrovano nei fregi del Partenone di Atene. Fidia ed i suoi allievi furono impegnati per molti anni, dal 447 al 432 a.C. nella creazione di 92 metope, circa 40 statue a tutto tondo per i due frontoni e un fregio di 159 metri. Esistono copie di sue statue quali Athena Lemnia, Apollo nudo e l’Anadumenos.

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Lo stile di Athena Parthènos di Fidia

I soggetti trattati da Fidia furono dei e uomini uniti nei miti che raccontano gli eventi terreni. Gli stessi umani, impegnati in battaglie e altre vicende, vennero idealizzati e rappresentati con caratteri e forme derivati dagli dei. Nel caso dell’Athena Parhènos le dimensioni monumentali e il materiale usato, non consentirono di scolpire una vera e propria statua. Si trattò, piuttosto, di una impalcatura sulla quale furono ancorati pezzi di oro, avorio e altri materiali preziosi.

Diversamente dal carattere ideale della rappresentazione di un corpo atletico come nel Discobolo di Mirone e nel Doriforo di Policleto, nell’Athena Parhènos di Fidia occorre considerare la finalità religiosa dell’opera. Fu il carattere della religione dell’epoca a dettare le condizioni di realizzazione della statua destinata al Partenone. La perfezione formale che è la caratteristica principale delle statue degli atleti, in Athena e in Zeus di Olimpia, è solo una delle componenti. Così, per rappresentare la sacralità della dea o del dio, Fidia utilizzò materiali preziosi e dimensioni monumentali. In seguito, nel IV secolo a.C. le rappresentazioni delle divinità torneranno ad essere di dimensioni reali.

La luce sulla statua di Athena Parthènos di Fidia

È possibile immaginare che Fidia, abbia valutato attentamente il tipo di illuminazione destinata a rivelare la grande statua all’interno del Partenone. Inoltre, occorre considerare che non si trattava di una statua a tutto tondo, quanto, piuttosto, di una struttura simile ad una impalcatura sulla quale erano assemblati diversi materiali preziosi per raffigurare la monumentale dea. La luce artificiale doveva colpire la statua soprattutto dal basso e di lato. Inoltre, visto l’uso di materiali riflettenti quali oro, vetri e pietre preziose, saranno stati presenti molti riflessi alternati alle zone più assorbenti in avorio.

La riproduzione, invece, è fruibile come una statua a tutto tondo e la luce ambientale la rivela provenendo dall’alto e frontalmente. La zona più omogenea, sulla quale la luce scivola e crea una superficie levigata è il viso. Il resto della scultura è molto contrastato grazie ai panneggi del peplo che creano solchi profondi.

Interazione con lo spazio circostante

La grande struttura reggente i materiali preziosi condizionò pesantemente l’articolazione della statua di Athena Parhènos nello spazio. Una massa di tale portata e il peso generato avranno sicuramente comportato una serie di problemi per sorreggere le varie parti della figura. Per questo Athena è quasi un monolite, con gli arti molto vicini al corpo al fine di permettere una sicura statica dell’intera struttura.

La struttura compositiva dell’Athena Parthènos

Athena Parthènos è rappresentata in una posizione stante ben ancorata al suolo. Il peso del corpo è sostenuto dalla gamba destra, mentre la spalla sinistra è leggermente sollevata nello sforzo di trattenere lo scudo poggiato a terra. Il braccio destro è poggiato su di una colonnina e, quindi, non in tensione. Il chiasmo, alternanza e incrocio tra arti in flessione e riposo, è debole ma evidente.

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