Arte a occhi chiusi

Arte a occhi chiusi è un progetto che si offre come un formidabile strumento di inclusione che stimola la creatività e la conoscenza di se.

Pagina aggiornata il: 17 maggio 2020

Arte a occhi chiusi. I ritratti evocativi delle Avanguardie storiche

L.H.O.O.Q. di Marcel Duchamp
L.H.O.O.Q. di Marcel Duchamp

Produrre arte ad occhi chiusi può sembrare una sfida impossibile o una provocazione dadaista. Infatti l’oggetto artistico da sempre si rivolge alla nostra vista e con la vista disciplinata o no lo apprezziamo e lo analizziamo. Però questa particolare sperimentazione sembra stimolare una maggiore carica creativa. Inoltre permette al piccolo artista una libertà di esecuzione più efficace che libera la fluidità del segno.

I risultati, come sottolinea Daniela Braidotti, sono veramente inattesi. Gli autoritratti esprimono una maturità di evocazione che ritroviamo nelle opere di grandi autori del Novecento. Sicuramente occorre considerare che l’intento descrittivo naturalistico non è lo scopo di questa attività. Non lo è nemmeno la mimesi di uno stile artistico in particolare. Insomma Petra Probst non ha chiesto ai suoi alunni e agli adulti che ha seguito di ricreare lo stile di un avanguardista del primo Novecento.

Arte a occhi chiusi. Il segno libero dallo sguardo

Questa libertà ha portato invece alla produzione di una gamma di stili che nella loro spontaneità si avvicinano proprio a soluzioni creative di alto profilo. La psicologia può sicuramente trovare in questa pratica importanti spunti di conoscenza dell’esecutore. In questa sede però segnaliamo il valore di pratica artistica di avvicinamento all’opera d’arte. Questo è per noi un mantra formativo: sperimentare l’arte per capire le opere d’arte.

Piccolo quadro di pino di Paul Klee
Piccolo quadro di pino di Paul Klee

In questi disegni si ritrovano immagini cubiste, deformazioni espressioniste e sberleffi dadaisti. L’autoritratto di Nizar ricorda in modo straordinario i disegni bianchi di Jean Cocteau. Si riconosce poi il segno di Paul Klee, Jean Dubuffet formidabile sperimentatore dell’Art brut negli ospedali psichiatrici. Infine si colgono echi degli artisti del gruppo CO.BR.A. precursore dell’Espressionismo Astratto.

Per gli adulti che hanno sperimentato questa pratica e per i ragazzi sarà così più semplice comprendere l’arte contemporanea. Disegnare ad occhi chiusi è infine una pratica che liberandoci dai vincoli ci apre infiniti orizzonti creativi.

Disegnare a occhi chiusi

La maestra Daniela Braidotti, ci offre un ampio contributo sugli approcci all’opera d’arte possibili nella scuola primaria.

Chi non ha in classe bambini che dicono “non so disegnare”? Tracciano un primo segno, una forma, interrompono l’attività e accartocciano il foglio immusoniti. Probabilmente intendono dire che quello che tracciano sulla carta non corrisponde alle forme che hanno immaginato nella loro mente né a quello che hanno pensato di saper fare. Succede anche agli adulti: ciò che la mano disegna non è paragonabile alle linee e alle forme che immaginiamo di essere capaci di rappresentare. Anche noi, spesso, diciamo: “non so disegnare”.

Evitare o risolvere il problema?

Per evitare il problema a volte i bambini si fanno fare i disegni dai compagni considerati più abili: sono, questi, i bambini in grado di replicare senza sforzo forme e figure simili a immagini esistenti (i cartoni animati, le fotografie, il reale). Altre volte il “non disegnatore” chiede di poter copiare (o tracopiare usando carta da lucido o, in modo più pragmatico, utilizzando la finestra per avere trasparenza) un modello. Oppure chiedono direttamente: “Maestra, mi disegni Superman?”

E noi?

Noi insegnanti abbiamo il compito di sviluppare e potenziare in ogni alunno le capacità di esprimersi e di comunicare in modo creativo e personale, perciò bisogna cercare delle soluzioni. A qualcuno basta dire “fai come riesci, va bene lo stesso”; con altri bambini bisogna adottare strategie diverse per superare prima di tutto la sensazione di vergogna e di inadeguatezza, scalfirla poco alla volta e costruire la voglia di provarci.

Nizar autoritratto add occhi chiusi
Nizar autoritratto add occhi chiusi

Una strategia

Una possibile strategia per educare i bambini ad accettare le proprie imperfezioni, le proprie “inadeguatezze” è sicuramente quella di lavorare con loro. Non sostituirsi ai bambini, ma disegnare le proprie forme sui propri fogli e re- imparare, passo passo, le proprie abilità, smontandole in sottoabilità per dare suggerimenti.

Disegnare il proprio autoritratto a occhi chiusi è un’attività che permette di condividere un’idea di uguaglianza di opportunità e abilità di base: escludendo un senso importante come la vista, ci mettiamo tutti allo stesso livello.

Ho importato in classe, cioè, il modello appreso da Petra in un laboratorio per adulti: in quel laboratorio quale avevamo insieme riconosciuto come la difficoltà di esporsi fosse collegata a un senso di vergogna e di inadeguatezza.

I risultati

Il disegno a occhi chiusi mette a soqquadro le certezze di tutti, poiché esclude il controllo esercitato dalla vista sulla mano. I risultati sono spesso stupefacenti perché gli autoritratti hanno linee interessanti, ribaltano idee preconcette (“lui/lei sì che sa disegnare, perché quello che fa è proprio uguale ai disegni dei fumetti (o del libro), fanno sperimentare il successo a chi non si credeva capace di produrre

Appunti creativi e note di riferimento di Petra Probst

La magia: occhi chiusi, orecchie aperte

I bambini sono seduti in cerchio. Propongo di fare il gioco degli occhi chiusi e subito come per magia la confusione e l’eccitazione si transformano in quiete e si percepisce una nuova energia che circola. Con gli occhi chiusi il livello di attenzione è cresciuto. A chi non sa tenere chiusi gli occhi (magari perché ha paura del buio) suggerisco di chiudere solo uno, poi di provare con l’altro alla fine tutti e due.

Respirare e disegnare

Con le palpebre abbassate proviamo a respirare insieme. Sentiamo come l’aria entra e ci riempie i polmoni, pausa, poi espiriamo tutti insieme, pausa, ripetiamo alcune volte. Un piccolo esercizio di yoga che ci porta alla quiete e ad uno stato di attenzione e di presenza, ingredienti fondamentali per il prossimo gioco.

Disegnare è osare

Disegnare il proprio autoritratto implica una grande concentrazione. A occhi chiusi lo sguardo si spalanca verso il proprio interno e si attivano altri canali della nostra percezione: Toccandoci il volto con le mani, cerchiamo di memorizzare tutte le sue particolarità e allineamenti. Sentiamo la nostra faccia come forse non l’abbiamo mai sentita. A questo punto proviamo a disegnarla sempre a occhi chiusi, senza staccare la matita dal foglio di carta.

Non è importante il risultato, ma l’esperienza.

A volte i disegni non assomigliano per niente ad un volto. Ben vengano! Questi intrecci di linee assomigliano più che a un volto ad una mappa del viaggio appena compiuto, pieno di esitazioni, intimo e autentico. Immagini che nascono dal nostro interno.

Siamo tutti ciechi di fronte all’universo. Quanti di noi veramente vedono?

«La mia visione del mondo? La racconto attraverso una favola: in un villaggio di ciechi arriva un elefante. Alla sera, di fronte al fuoco ognuno descrive l’elefante. Chi ha toccato il naso dice: è come un lungo tubo. Chi ha toccato le orecchie: è come un tappeto. Chi ha toccato una gamba: è una colonna. Ognuno ha una versione diversa per quello che ha toccato. Anche noi siamo così: tutti ciechi di fronte all’universo. Quanti veramente vedono?».

I riferimenti all’arte contemporana

IL TERZO OCCHIO – IL CORPO CHE GUARDA

Foto di Evgen Bavčar
Foto di Evgen Bavčar

Racconto volentieri ai bambini questa famosa fiaba orientale con le parole del filosofo Evgen Bavčar, fotografo cieco dall’età di 12 anni. Ho avuto la fortuna di incontrare Bavčar personalmente nel 2011 durante la sua mostra Il corpo che guarda” al PAV di Torino. Le sue fotografie nascono dal buio, dalla nostalgia per la luce, dall’urgenza di creare le immagini che affiorano nella mente. Il suo lavoro visionario è stato ed è tuttora di grande nutrimento per me.

Approfondisci la figura di Evgen Bavčar con un articolo di Francesca Vitale pubblicato sul sito della RAI: Nostalgia della luce di Evgen Bavcar.

Consulta il sito di Petra Probst

Le immagini dei workshop sono tratte dall’Archivio di Petra Probst.

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