Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo è un’opera che rappresenta le rivendicazioni dei lavoratori di fine Ottocento.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901, olio su tela, 293 x 545 cm. Milano, Galleria d’Arte Moderna
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Indice
Descrizione de Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo
Nel dipinto Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo un corteo di lavoratori è in cammino. La folla, compatta, avanza verso il fronte del quadro con grande determinazione. Sui volti, infatti, si leggono fierezza e la volontà di rivendicare i propri diritti. In primo piano, guidano il corteo a sinistra un uomo anziano, al centro un giovane mentre a destra una donna con in braccio il suo bambino. Questi tre personaggi rappresentano le componenti della classe sociale più umile dell’epoca.
Gli uomini e la donna in primo sono vestiti con abiti poveri ma dignitosi. Il giovane uomo indossa una camicia con al di sopra un gilet. Sul capo porta un cappello e la giacca è tenuta elegantemente da una mano e pende dietro la schiena. La sua postura è calma è sicura. Infatti la sua mano destra sorregge la giacca senza affanno mentre la sinistra è fermamente poggiata sulla tasca.
La donna, invece, sembra rivolgersi all’uomo per farlo desistere dal condurre la manifestazione. I suoi piedi sono nudi. Anche il bambino che porta in braccio è nudo e abbandonato nella stretta della madre. Gli uomini che seguono i tre personaggi gesticolano visivamente come per rivendicare le proprie istanze. A sinistra una donna segue il corteo, come altre donne sulla destra. Un uomo con una giacca sulle spalle tiene per mano un bambino. Giovani, maturi e anziani procedono compatti verso il fronte del dipinto.
Interpretazioni e simbologia de Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo
Giuseppe Pellizza da Volpedo dipinse Il Quarto Stato con l’intenzione di documentare le rivendicazioni sociali della sua epoca. L’artista fu amico di Angelo Morbelli con il quale si confrontò sulla teoria divisionista e sulle tematiche politiche socialiste. Il titolo dell’opera, Quarto Stato, si riferisce ad un termine utilizzato durante la rivoluzione industriale ottocentesca. Si indicava, così, la classe lavoratrice formata da operai contadini e artigiani. Il termine nacque durante la rivoluzione francese per indicare lo strato più basso della società’, quello dei subalterni al terzo stato cioè la borghesia. I lavoratori rappresentati nel dipinto manifestano per i propri diritti e sono quindi in sciopero.
La massa dei lavoratori avanza compatta e quindi assume forza e potere per contrattare il proprio giusto salario. Le figure in primo piano, due uomini e una donna con il bambino hanno un gran significato simbolico. La luce che colpisce radente gli uomini e illumina in pieno la donna, dà significato alla loro figura. La sua immagine ricorda quella di una maternità cristiana. Le figure sono più sfocate e oscurate verso il fondo. La luce è più intensa in testa al corteo, e gli uomini procedono verso la fonte luminosa.
I lavoratori escono dall’oscurità dell’ignoranza per conquistare un proprio posto al sole. Il dipinto fu ambientato a Volpedo, un luogo di campagna e i personaggi erano abitanti del luogo. L’artista volle, così, raffigurare un gruppo indefinito di lavoratori. Giuseppe Pellizza da Volpedo fu a fianco di questi manifestanti e con la loro rappresentazione compì un gesto simbolico di speranza rivoluzionaria.
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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione
Una volta terminato il dipinto Pellizza da Volpedo lo espose a Torino nel 1902. Purtroppo la critica lo ignorò completamente. Nel 1904 l’artista lo inviò a Roma per la Quadriennale ma anche qui nessuno se ne interessò. Pellizza ritentò, quindi, nel 1906 in occasione della grande esposizione organizzata per il traforo del Sempione. Il Quarto Stato venne però rifiutato con la motivazione che era troppo triste e non consono ad una manifestazione del genere. Purtroppo, Giuseppe Pellizza da Volpedo morì l’anno seguente, suicida con un colpo di rivoltella, anche a causa di questi mancati riconoscimenti.
Gli eredi furono, così, i proprietari dell’opera. L’importanza simbolica de Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo è rappresentata dal fatto che nel 1920-1922 il consiglio comunale di Milano decise l’acquisto dell’opera. Fu un consigliere comunale di area socialista a contattare Guido Marangoni, direttore delle civiche raccolte d’arte. L’acquisto avvenne tramite una sottoscrizione cittadina e il quadro fu esposto presso la sala principale del castello sforzesco. Con l’avvento del fascismo i nuovi aministratori decisero di rimuovere l’opera e porla in un magazzino del Comune. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, Antonio Greppi, sindaco socialista di Milano, riscoprì l’opera.
Le autorità comunali decisero di esporre il Dipinto di Pellizza da Volpedo per trent’anni, presso la sala del Consiglio Comunale a Palazzo Marino. Negli anni Ottanta, Il Quarto Stato fu restaurato e trasferito presso il padiglione di arte contemporanea e quindi presso il Museo del Novecento di Milano dal dicembre 2010 . Durante l’Expo del 2015 gli organizzatori scelsero il Quarto Stato come una della sei opere d’arte rappresentanti della città.
L’artista e la società. La storia dell’opera
Giuseppe Pellizza da Volpedo, intorno al 1880, durante una manifestazione di protesta per il caro pane realizzò alcuni schizzi. Da questi primi studi dipinse poi l’opera Fiumana conservata presso la pinacoteca di Brera di Milano. L’artista impiegò dieci anni per elaborare la tela definitiva. Pellizza da Volpedo fu ossessionato dall’idea di realizzare quest’opera. Per questo motivo si ridusse quasi in miseria e per sostentarsi faceva ricorso al cibo che gli mandava la famiglia da Volpedo.
Solidale con il popolo milanese decise, probabilmente, di realizzare la grande opera di denuncia in seguito alla strage ordinata da Bava-Beccaris del 6-9 maggio 1898. Il generale milanese, per ingraziarsi il governo, aprì il fuoco contro un corteo di operai che si recava presso la Pirelli. I cannoni uccisero 81 cittadini e causarono centinaia di feriti. In seguito alla strage di stato, peraltro non autorizzata, lo stesso Gabriele D’Annunzio, appena saputa la notizia, si spostò dai banchi della destra verso quelli della sinistra facendo cadere il governo.
In origine il dipinto doveva essere intitolato Ambasciatori della pace e poi Il cammino dei lavoratori. Pellizza da Volpedo scelse invece, successivamente il titolo di Quarto Stato per fare riferimento alla classe lavoratrice come identificata durante la rivoluzione francese. Presso la pinacoteca civica di Alessandria è custodito un carboncino su carta che raffigura uno studio del personaggio centrale del dipinto. Il volto della giovane donna in primo piano è quello della moglie di Giuseppe Pellizza da Volpedo, Teresa Bidone.
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Lo stile del dipinto Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo
Giuseppe Pellizza da Volpedo è considerato un pittore divisionista insieme a Giovanni Segantini, Angelo Morbelli e Gaetano Previati. La tecnica utilizzata consiste nel porre sulla tela piccole linee di colore puro che accostate aumentano luminosità delle superfici dipinte. Pellizza da Volpedo studiò attentamente le opere divisioniste di Giovanni Segantini. A differenza del grande maestro, però, Pellizza da Volpedo utilizzò in questo dipinto soprattutto ocra e bruni ottenendo, comunque, un grande effetto di luminosità.
Da lontano i colori risultano come compatti e derivano dalla fusione dei diversi toni di colore sulla retina dell’occhio umano. Inoltre, le pennellate sono direzionate diversamente sulle superfici. In questo modo Pellizza da Volpedo modellò morbidamente i volumi dei corpi dei braccianti che avanzano. Il Quarto Stato rappresenta un esempio del passaggio, avvenuto in quegli anni, dalla scapigliatura milanese alla rivoluzione divisionista portata avanti da un gruppo di giovani alternativi ed eccentrici.
Il colore e l’illuminazione
Pellizza da Volpedo dipinse Il Quarto Stato con colori caldi. Gli abiti dei lavoratori, riuniti in corteo, sono risolti con vari toni di marrone, ocra e grigio caldo. Il suolo, invece, è grigio chiaro mentre lo sfondo molto scuro. Infatti, il paesaggio che si intravede emerge appena dal grigio scuro molto offuscato. I toni dei colori perdono saturazione in prossimità dei lati del dipinto. Nella parte centrale, invece, e in primo piano, prevalgono colori saturi e brillanti. La scena è illuminata frontalmente ed è proprio verso questo punto luminoso che si muove la massa di manifestanti. La fonte di luce rappresenta, quindi, un momento di riscatto e di speranza degli operai.
Lo spazio
La profondità della scena rappresentata nel Quarto Stato è percepibile grazie alla luce che aumenta in primo piano e lascia lo sfondo in ombra. Inoltre, la grandezza dei corpi dei manifestanti rende la distanza che separa il primo piano dalle ultime file dei lavoratori.
La composizione e l’inquadratura
Il dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo ha un formato panoramico. In tal modo viene sottolineata la grande partecipazione dei manifestanti al corteo che occupa interamente la larghezza del dipinto. Il primo piano è occupato dai tre personaggi che guidano la marcia. In secondo piano si trova il fronte della manifestazione. Infine, sullo sfondo si intravede un paesaggio di campagna. Il punto di vista dell’opera è leggermente rialzato. In questo modo l’occhio dell’osservatore può agevolmente vedere anche le ultime file dei lavoratori. I lavoratori che si spostano in avanti creano un movimento apparente verso l’osservatore.
Gli equilibri compositivi e le direttrici di movimento
L’opera è simmetrica e quindi assume un aspetto monumentale. Inoltre, il forte equilibrio rispetto all’asse verticale crea una sensazione di iconicità. L’immagine sembra cristallizzata nella sua apparenza e diventa, per questo un simbolo della condizione umana.
Approfondimenti
Giuseppe Pellizza da Volpedo nacque nel 1868 in un piccolo centro agricolo in provincia di Alessandria. La sua era una famiglia di piccoli proprietari terrieri, ma l’artista aderì alle idee socialiste e garibaldine. Pellizza da Volpedo non nascose mai le sue simpatie anarchiche e partecipò idealmente alle lotte operaie. A differenza di Giovanni Segantini, un altro celebre divisionista e simbolista, i suoi lavori furono spesso riferiti a temi sociali. Infatti, Pellizza da Volpedo era convinto che l’artista doveva prendere posizione all’interno del dibattito della società civile.
Il Quarto Stato è considerato un primo esempio di manifesto figurativo delle lotte sociali. Giuseppe Pellizza da Volpedo si suicidò nel 1907 a causa del dolore per la morte di parto della amata moglie Teresa e per le tensioni prodotte dal suo lavoro.
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