Macchie e arte

Macchie e arte è una proposta che potrebbe sembrare semplice e sbrigativa ma se ben progettata permette di cogliere la complessità del mondo reale.

Immagine di copertina: Classe 3^ D, Le macchie diventano elementi di una storia collettiva

Pagina aggiornata il: 26 aprile 2020

Macchie e arte. Le sperimentazioni dell’Ottocento

La Rotonda dei bagni Palmieri di Giovanni Fattori
La Rotonda dei bagni Palmieri di Giovanni Fattori

La parola macchia nel mondo della storia dell’arte richiama immediatamente il termine Macchiaioli. Infatti il gruppo di artisti fiorentini, e non, fu tra quelli che iniziarono a concedere un ruolo più importante al linguaggio visivo. Fino ad allora e prima di loro gli artisti creavano immagini e la discussione verteva soprattutto sul contenuto. Quando comparve lo strumento fotografico però tutto cambiò. Infatti la tecnica fotografica sollevò gli artisti dal naturalismo. I pittori Macchiaioli guardano alle esperienze francesi contaminandole con il realismo. Stabilirono quindi che la macchia era il loro linguaggio e con infinite varianti dipinsero paesaggi maremmani e spiagge.

Macchie e arte: Le avanguardie artistiche del Novecento

Tete d'Otage n. 1 di Jean Fautrier
Tete d’Otage n. 1 di Jean Fautrier

Nel Novecento gli artisti si spinsero oltre e la macchia diventò il soggetto principale dell’opera. Scomparve pertanto il contenuto figurativo. Il significato dell’opera diventa così concettuale e a volte la macchia è la traccia della performance dell’artista. Compare sulla scena degli anni Quaranta e Cinquanta il Tachisme. Nasce dalle esperienze francesi, nell’ambito dell’arte Informale e rappresenta la versione europea dell’Espressionismo astratto americano. Jean Dubuffet, Jean Fautrier, Georges Mathieu furono alcuni dei protagonisti. Antoni Tàpies dipinse in Spagna ma fu ispirato dall’informale internazionale.

Consulta la pagina dedicata al dipinto di Jean FautrierTete d’Otage n. 1, sul sito del The Museum of Contemporary Art (MOCA) di Los Angeles.

Macchie, che passione!

di Daniela Braidotti

Quando ero una scolara le macchie sul quaderno erano una croce: intingevo il pennino (sì, ancora quello!) nel calamaio e, nel tempo che impiegavo a portare la penna sul foglio, ecco che si allargava una pozzetta blu. La guardavo inorridita, ma non c’era verso di fermarla né di rimediare. La carta assorbente la succhiava via, ma i bordi e angoli di quella carta, i primi a essere usati, erano presto inutilizzabili. Ci voleva un perfetto equilibrio tra quantità di inchiostro e tempi di scrittura per arrivare alla fine della riga senza pasticci. La macchia, però, era in agguato, e con la macchia anche il senso di vergogna per aver sbagliato o sporcato la pagina.

Macchie ed errori

Il dizionario ci aiuta: la macchia è traccia, segno di vario colore lasciata da una sostanza su una superficie, ma anche colpa, peccato, disonore. Individuo una stretta analogia di “macchia” con le differenti accezioni della parola “errore”: errore è sia il deviare da una regola o norma di comportamento, sia un’azione o una decisione inopportuna, o una violazione della legge divina, un peccato; è anche, però, il risultato della mancata applicazione di una regola, di calcolo o ortografica. Una stessa parola associa peccato ed errore ortografico!

Macchie e arte
Non solo macchie, Giardini fioriti – dall’archivio di Petra Probst

Senza macchia e senza paura

A scuola si è a volte percorsa una strada, aiutati e sollecitati anche dai prodotti commerciali, in cui quello che importa non è il processo di apprendimento, ma il risultato, che deve essere corretto, perfetto, senza macchie e senza errori. Così ho visto bambini che inorridivano di fronte al segno involontario, scappato dalla penna, o che rifiutavano di proseguire il lavoro se la loro pagina non era intonsa, persino nei fogli di “brutta”. Quando ho finalmente imposto l’uso di penne biro normali, non cancellabili e ho accettato e sollecitato rigacce e correzioni, purché si fosse coscienti di ciò che aveva provocato il mancato rispetto della regola, è andata meglio.

L’errore è sempre creativo!

Per questo, forse, il lavoro con le macchie è così liberatorio: posso sporcare, posso lasciare andare il colore senza controllarlo, piegare il foglio e poi riaprirlo e ciò che il risultato occasionale provoca è anche una bella sensazione di libertà. Come ci ricorda Petra: anche la macchia, come l’errore, è sempre creativa.

E quando la macchia c’è, la studio, la giro, la rigiro e mi chiedo: chi è nascosto lì dentro? Una signora, una ballerina, una farfalla? Aggiungo solo qualche piccolo particolare e … voilà. Ho un personaggio e potrei anche inventarmi una storia.

Arte e macchie - Personaggi e figure umane
Arte e macchie – Personaggi e figure umane

Macchie fluide

A proposito di macchie, allora, posso confrontare anche i risultati statici con quelli in divenire: come si apre una goccia di latte nell’acqua, o come fa invece l’inchiostro (ci sono bellissimi pannelli al Museo _ Officina della scrittura che fanno vedere diversi inchiostri che si sciolgono nell’acqua) e poi lasciarmi ispirare. e ricreare gli effetti spruzzando colore su un foglio bagnato.

Macchie sui muri

E se le macchie sono sui muri, per strada, nelle ombre? Posso fotografarle e sistemarle per avere altri personaggi, altre suggestioni, o aggiungere piccoli elementi e ricreare paesaggi.

  • A. Sanna, Miramuri, 2015, Terre di Mezzo Editore, ISBN: 9788861893535

Appunti creativi e note di riferimento di Petra Probst

Il metodo e le finalità

Tracciare macchie liberamente significa creare sulla carta o sulla tela delle chiazze di colore e ottenere forme accidentali. Esiste infatti un valore profondo in questa pratica. Le macchie suggeriscono idee alla mente e danno forza alla capacità di invenzione e di immaginazione. Attuare periodicamente pratiche pittoriche libere in classe permette in modo gioioso ai bambini di entrare in contatto con un sapere profondo. I piccoli scoprono e apprendono a rappresentare la materia di cui siamo fatti, di cui sono fatte le cellule, il mondo, l’universo.

I riferimenti all’arte astratta contemporana

ACTION PAINTING CY TWOMBLY LEPANTO

LEPANTO IX di Cy Twombly
LEPANTO IX di Cy Twombly

Ho potuto ammirare questo ciclo di 12 dipinti di grandi dimensioni tante volte a Monaco, la mia città natale, dov’è collocato in modo permanente nel Museum Brandhorst. (Alla Biennale di Venezia dove fu esposto la prima volta non ero riuscita a vederlo.) Sono rimasta letteralmente folgorata dalla potenza dei motivi astratti vibranti che qui assumano sembianze figurative e evocano la famoso battaglia navale tra l’impero ottomano e quella della Lega Santa dell’Occidente del 1571. Molte volte ho mostrato queste opere ai bambini per sucitare in loro riflessioni e dibattito sul senso della pittura astratta che non è mai soltanto stesura di macchie e schizzi di colore incomprensibili ma evidenzia l’essenza della vita stessa.

Consulta la pagina dedicata al dipinto di Cy Twombly, LEPANTO IX, sul sito del Museum Brandhorst di Monaco.


Consulta
il sito di Petra Probst

Le immagini dei workshop sono tratte dall’Archivio di Petra Probst.

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